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ARTICOLI E RECENSIONI CRITICHE

Anna Maria Gagliardi sembra ispirarsi al capitolo biblico dedicato alla Genesi.

 

In effetti, il mondo che la raffinata pittrice porta alla ribalta pare, appunto, essere quello del Paradiso Perduto.  

Si tratta della rivelazione archetipica del proprio inconscio collettivo.

 

Vedasi, in questo caso, le immagini di donne belle quanto misteriose, che porgono una bellezza – come dire ? – mitologica.

 

Ci si trova di fronte a una sacra rappresentazione, ad intriganti manifestazioni figurali atemporali ed astoriche, testimonianza di un’elegante, sapiente e ricca tavolozza.

Paolo Levi (critico)

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Coinvolgente è il suo modo di affrontare la figura femminile.

Nulla hanno di reale queste sue dee dell’acqua.

Anzi, paiono sortire dal sogno e del sogno rimanere prigioniere .

Il modo di procedere pittorico della Gagliardi affonda le proprie radici nella storia della pittura del primo novecento europeo.

Ella, in questi anni, ha saputo trasfigurare il messaggio visivo di una Leonor Fini. Andando oltre, superando tutto ciò che poteva sembrare eccessivamente surreale oppure troppo simbolico.

La Gagliardi ama adagiarsi nell’allusività onirica. Le sue fanciulle sono innocue sirene che si muovono nel silenzio di un paesaggio
atemporale.

 

Così pure i cigni bianco – immacolati, che paiono muoversi ed appena sfiorare il velo d’acqua della superficie di un corso trasparente, mentre tutto intorno la vegetazione protegge il loro andare.

Una delle composizioni più poetiche ed originali di questa signora della tavolozza è l’olio su tavola “Terracqua” .
Una maternità dove l’elemento acqueo ed i gabbiani hanno più di un messaggio , quello del Creato delle acque, la purezza e l’amore divino .

Così dicasi per la composizione “Aria” dove la figura femminile vola in chiave simbolica in una narrazione figurale in chiave liberty , quasi un’astrazione sensuale.

Quello che rende gradevoli queste sue fiabe dove la donna è acqua – genesi primaria , è la mistica ritualità immaginifica.

Nulla sarebbe se, dietro quest’operare, non ci fosse, comunque, l’abilità della disegnatrice e della pittrice che conosce l’arte delle velature.

La Gagliardi, tramite una pitura dalla cromia sofisticata, coglie le sensazioni misteriose dell’invisibile e le trasfigura in immagini dove il colore vibra di contro toni dolce -  musicali.

 

Paolo Levi (critico d'arte))

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Figure femminili, ora leggiadre e diafane, ora generosamente procaci, distese fra i giochi delle acque calme od inquiete, popolano le pitture della Gagliardi.

 

Se osservi con occhio attento,

non ti sfugge la strana natura di queste abitatrici che per indefinitezza dei contorni, per colori e toni rapiti agli elementi, per la negazione volumetrica che le costringe sulla tavola,

rivelano una qualche comunanza con quel naturalismo orientale che rifiuta ogni preminenza a questa o quella parte del quadro, per fare dell’opera tutta il pieno soggetto di se stessa.

 

Non dunque la figura, ma essa con quelle spume e quegli schizzi giocosi, con le nubi accese, i riflessi dell’acque, in una parola la natura tutta è il soggetto dell’opera, 

 

una natura che ha preso forme umane per manifestare più chiaramente la propria inclinazione benigna, per così dire filantropica.

 

La pittura, riguadagnata la propria ragione spirituale, diviene lo strumento ed il luogo primo di tale rivelazione. 

 

Essa puo’ manifestare la natura ed il suo monito salvifico perchè le è concesso, quasi avesse facoltà soprannaturale, di superare la realtà, cogliendone l’anima. 

 

L’anima, scevra delle determinazioni che abbruttiscono il mondo quale tu lo vedi, puo’ ancora indicare la via per ricostituire la primigenia comunanza fra l’uomo e le cose, 

 

quella comprensione primeva che ridona alla totalità degli elementi, e dunque pure all’ uomo, il respiro dell’eterno e la sensazione di una carezzevole armonia.

 

L’ artista, intento a cogliere le parole della natura, nella forma speciale della suggestione, talvolta riversa nell’opera il frutto delle sue attese.

 

Egli non è il creatore nè lo spettatore, unicamente gli tocca scoprire ed impiegare gli accorgimenti originali per i quali potrà mutare l’ ispirazione nelle forme sensibili della pittura.

 

L’opera, di cui traccerà un definito disegno, si costruisce nel tempo della riflessione, quell’inclinazione che fa dell’artista il vaso in cui si riversa il miele poetico, e va goduta nel tempo della contemplazione.

 

I toni si inseguiranno in gioco continuo, segnato dalle velature industriosamente sovrapposte, quasi a suggerire nell’azione manuale, 

la genesi progressiva dell’opera fra la pulsione, naturalissima, e la ricerca, studiata ed egualmente necessaria nella sua resa, che costituiscono il manifestarsi dell’ispirazione.

 

La pittura muta dal disegno, e , fedele all’idea che li ha generati entrambi, tende ad una migliore rappresentazione di essa.

 

E’ perso il contrapposto nella definizione delle masse; è abbattuto ogni riferimento temporale: 

l’ opera ha conquistato, sommo dell’indefinitezza e della definizione nel contempo, quell’illimitata spazialità illimitata e varia, quella atemporalità piena e continua,

che ne fanno la metafora più evidente della natura eterna ed infinita, in quel sospiro omogeneo, nel senso primo del termine, che ne lega ogni aspetto ed ogni istante, come nei quadri le forme ed i colori.

 

Questo il significato precipuo e chiaro nella metamorfosi delle acque che lambiscono l’immagine materna della terra, in volatili che si levano fra i bagliori solari, al cielo. 

 

La visione manifesta il proprio valore religioso secondo un’evidenza che è anche geometrica: 

la linea che è costituita dai momenti, invero contemporanei, della narrazione indica nel piano spaziale quell’eternità del cielo e quel senso del ritmo segnatamente mediterranei che hanno la loro scaturigine in un sentimento pieno e solido della natura.

 

E’ questo, un sentimento gratificante, che rivela nella forma del cielo, della circolarità, che abbiamo descritta, un senso grandemente consolatorio.

Il circolo che avvolge la figura, o idealmente, per grandi tratti, o fisicamente, per minute flessuosità, offre un secondo aspetto:

essa è la natura in forma umana nel ciclo che la costituisce e l’ uomo in forma naturale nel suo abbraccio gentile e rassicurante.

 

Un sentimento che ha una mollezza generosa, da cui l’osservatore è carezzato, quasi fossero acque tiepide o brezza leggera, come pure la tavola, nella sua significativa consistenza, è pregna del colore.

Francesco Revel (critico d'arte)

 

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